Mentre, per alcune discipline, la stagione sportiva si avvia verso il crepuscolo, l’automobilismo sportivo scalda i motori in attesa dei primi ruggiti. Almeno per le competizioni che hanno ancora il sapore di una volta, dove il fattore uomo riveste ancora tanta importanza. Le cronoscalate fanno parte di questo mondo, con il pilota chiamato a tirar fuori il meglio, di se e della macchina, nel breve spazio di pochi minuti. Michele Fattorini, ventiseienne da pochi giorni, nato a Orvieto e residente nella limitrofa Porano, può considerarsi, a tutti gli effetti, uno dei pezzi forti della specialità. E’ l’ultimo rampollo di casa Osella. Per lui, il costruttore torinese sta assemblando la versione 2016 dell’Osella 2000 Evo, macchina con la quale prenderà parte al campionato Italiano della montagna e alle altre competizioni più titolate. Pilota per pura passione, ha messo insieme, fino ad ora, quattro assoluti. Meno del dieci per cento dei successi del padre Fabrizio, già vincente prima della nascita di Michele. Fattorini senior, inizia con un’A112 ABARTH sui tornanti della Castellana, si impone quarantacinque volte in Italia e in Europa, prima di dedicarsi alla formazione del figlio evitando, però, la pressione un po’ ottusa, tanto in voga nel gioco del calcio. Che è stato ed è ancora il secondo amore del giovane crono man, con i nove anni complessivi di tesseramento per la Ternana. Ricorda con piacere quel periodo, prima da bambino pendolare e, a seguire il convitto, le finali nazionali con giovanissimi e allievi, quella con la Beretti mancata d’un soffio. Le fere erano in serie B e, solo per aver fatto parte di quel gruppo, considera quel periodo come il più bello della vita. Col contratto in tasca fu poi spedito a farsi le ossa in Abruzzo, vestendo le maglie di Chieti e Atessa. Ma il chiodo fisso restava il compimento del diciottesimo anno per conseguire l’agognata patente. Decide che era il momento di staccare la spina dal pallone, o almeno dai campionati a un certo livello. E’ lui a raccontarci cosa è successo:

“Ho delle foto nelle quali sono già nella macchina da corsa del babbo e avevo soltanto quattro mesi. Fate un po’ voi”.
Di Fabrizio parla con amore e rispetto. La stima è infinita. E’ suo mentore, amico, e preparatore delle macchine che guida:
“Ha cercato di darmi subito il meglio. Per lui fu più difficile. Per arrivare ai prototipi il cammino non è stato semplice. A lui devo tutto. Passare dal calcio all’automobilismo non è facile, specie quando non si hanno alle spalle esperienze giovanili con i Kart o con altri sistemi d’apprendimento. Presa la patente, ha dato subito il suo ok. Abbiamo iniziato quasi per gioco, adesso proviamo a fare qualcosa di più importante”.

Le prime apparizioni, cinque in tutto, con macchine poco potenti, convincono il padre che il ragazzo ha stoffa. Arriva occasione importante, guidare una formula 3000:

“E’ la monoposto più potente e difficile da guidare nelle corse in salita. Era un’opportunità che andava sfruttata”.
Anche perché le corse non sono a buon mercato e sono parecchi i possibili talenti costretti ad abbandonare:
“Purtroppo è così. I costi sono improponibili. Sono tanti i ragazzi, anche amici miei, che vorrebbero provare, ma si trovano nell’impossibilità di farlo. Se non hai un supporto, famiglia o altro, lasci prima di poter saggiare le tue possibilità. Non a caso, dicevo prima di quanto l’appoggio di mio padre sia stato decisivo”.

Possiamo dire che, la Formula 3000 è stata quella che ti ha insegnato di più:
“Certo. Tutto ciò che ho imparato, fino ad adesso, lo devo a quella macchina. I risultati del 2015 sono frutto di quel seme, riconoscendo, però, la grossa competitività dell’Osella, macchina fra le migliori al mondo”.
Interessante, chiedere il tipo d’approccio a una formula tanto potente, per un ragazzo comunque alle prime armi:
“ Vedi, le prime volte o all’inizio della stagione, quando sei poco rodato, è la macchina che ti porta e devi lasciarla fare. Portarla subito al limite non è possibile, occorre essere molto allenati e cercare di evitare gli errori. Bisogna, in un certo senso, abituarsi alla sua complessità”.

Hai parlato di allenamento. Che cosa fai nello specifico:
“Per noi l’allenamento ha la sua importanza, senz’altro minore di quella rivestita quando si corre in pista. Le nostre gare durano pochi minuti a differenza delle altre. L’aspetto più rilevante riguarda una buona respirazione. Facciamo anche palestra, ma sarebbe meglio poter guidare un kart, per migliorare riflessi e l’irrobustimento”.

Ma, le cronoscalate sono davvero la serie B dell’automobilismo?
“Sarò di parte, ma penso proprio di no. Sono molto più difficili da interpretare rispetto alle gare in pista, c’è la velocità, alta, si corre su strade normali con tutte le problematiche del caso. Buche, alberi, burroni, sono il nostro pane quotidiano. In pista, con le vie di fuga, puoi anche permetterti l’errore. Arrivi il giovedì e ti metti a girare, su pista libera. Noi dobbiamo provare nel rispetto del codice della strada, a traffico aperto, cercando di memorizzare ogni particolare del percorso che, ogni anno, è un po’ diverso. Sono due mondi completamente diversi. Storia insegna, comunque, che lo scalatore, quando va in pista, fa subito il tempo, specie sul giro secco. Ai pistaioli non capita altrettanto”.

Come si fa ad assimilare mentalmente un percorso:
“Nel mio caso, torna in gioco mio padre con la sua esperienza. Comunque si deve provare e riprovare. Ti assicuro che è un bel sacrificio. Posso dirti che, la prova su un tracciato che vedi la prima volta, può significare un migliaio di chilometri. A Iglesias, il percorso è tutto uguale e non ha riferimenti. Una faticaccia. Se non conosci la strada, dice sempre mio padre, è meglio restarsene a casa. Rischi di farti male e fare delle figuracce”.

Mancano circa 20 giorni alla prima gara, Sarnano- Sassotetto, nelle vicine Marche. A che punto è la preparazione della nuova macchina e cosa avrà di diverso dalla precedente?:
“La macchina è in via di ultimazione. La prossima settimana sarò a Torino, da Enzo Osella, per definire gli ultimi dettagli. La versione 2016 della Evo è l’evoluzione della precedente. Il motore sfiorerà i 340 CV e ci saranno tante migliorie apportate sull’esperienza dell’anno scorso, oltre a tanta elettronica”.

Come nasce il rapporto, abbastanza privilegiato, con il costruttore italiano più famoso, chiaramente dopo Ferrari e Minardi, per un giovane orvietano non professionista:
“Nel nostro mondo, escludendo Fagioli e Merli,veri top driver, il termine prof non alberga. Nel mio caso è un lavoro, perché mio padre prepara macchine per clienti e ne affitta altre. Quindi, mi troverei, comunque, a fare su e giù per l’Italia”.
A mio giudizio esageri in modestia. Nessuno crederebbe ad un Enzo Osella che affida la macchina al primo venuto:
“Effettivamente è stata una piacevole sorpresa. Nasce tutto l’anno scorso. Ero sotto contratto con la Picchio, il progetto non è decollato. Osella ha aderito alla richiesta di mio padre. Andiamo in Sicilia, su un tracciato mai visto e facciamo un bel piazzamento. Dopo 15 giorni Orvieto, dove vinco con il record, battendo Domenico Scola. Che oltre ad essere un signor pilota è un amico e caro ragazzo. Saliamo a Verzegnis, in Friuli, prima gara di Campionato Italiano e facciamo ancora il primo. Poi è subentrato qualche problema, derivante dalla salute di mio padre, e le cose hanno necessariamente preso una piega un po’ diversa”

In bocca al lupo, per la caccia a Fagioli e Merli:
“Andiamoci piano. Entrambi sono i migliori non solo in Italia, ma in tutta Europa. In questi ultimi anni stanno facendo la storia delle cronoscalate a suon di record. Hanno superato i 35 anni e, nel nostro sport, a differenza di altri, l’esperienza è di fondamentale importanza. Cercherò di fare del mio meglio, cercando di capitalizzare qualche favorevole occasione”.

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