Ma... non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai due a uno in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient'altro nella testa... E poi il fischio dell'arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio?

Così Paul, il protagonista del film e del romanzo Febbre a 90° di Nick Hornby, riassumeva la propria essenza di essere tifoso. Parole mai più adatte a definire quello che è l’ambiente del Di Vittorio quando giocano le Ferelle. Una vera e propria religione, una vera e propria fede, un vero e proprio amore quello che lega la città alle ragazze in rossoverde. Una partita, gara 2 scudetto, impossibile da vincere o quasi. Forse definirla impresa è anche poco, perchè le imprese sanno di avventura e destino, di fortuna e ignoto; invece la vittoria della squadra di Pellegrini è sembrata più una battaglia dove centimetro dopo centimetro la trincea rossoverde ha tenuto testa, di fatto, a una squadra costruita solo per vincere. Le migliori del mondo radunate in un progetto significativo in quel di Roma Nord, con una società completa, giovane e organizzata come l’Olimpus Roma. Insomma se il calcio è ancora un po’ popolare e fatto di cuore, questo lo si deve anche in piccolissima parte alle Ferelle che domenica sera, battendo per la seconda volta le romane, hanno fatto vedere che con il sentimento si può andare lontano.

Un palazzetto gremito fino all’ultimo posto, e forse anche più, ha soffiato dietro alle rossoverdi fin dall’ingresso in campo quando i 600 spettattori hanno indossato altrettante pettorine rosse e verdi e hanno contemporaneamente alzato al cielo una scritta gialla enorme che recitava: “Ferelle”. Il coro “fino alla fine” è sembrato più un sordo boato di quelli che mettono i brividi, che altro. Forse la squadra di Pellegrini ha segnato il proprio personale 1 a 0 in quell’istante: con il proprio pubblico, che in settimana aveva dovuto sobbarcarsi lunghe code al botteghino per assicurarsi il prezioso tagliando di accesso alla seconda finale scudetto. In pochi minuti Santos e Renata trascinano le Ferelle ed è qui che si è capito come la catarsi tra squadra e pubblico fosse giunta al proprio apice dando i frutti tanto sperati. Una fiammata che ha steso di fatto qualsiasi velleità romana e che ha dato un segnale forte alla serie scudetto. Certo poco c’è da sperare in una partita facile se dall’altra parte hai letteralmente tutti i mostri sacri del calcio femminile, non solo brasiliano, ma anche mondiale. Ed ecco che il pareggio delle blues non si fa attendere, un paio di marcature leggere e prima Cortes poi Lucileia mettono le cose in chiaro: sarà durissima.

Il pubblico non smette di cantare perchè si sente e si percepisce che con tanta sofferenza e stringendo i denti si può arrivare a quel centimetro in più tanto agognato che potrebbe segnare la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Insomma, a cinque dalla fine, dopo il palo iniziale di Bisognin, qualche grande parata di Mascia, Maite ruba palla e la consegna a Renata. La numero 9 affronta l’altra numero 9 brasiliana che decide di optare per una spintarella nel tentativo di far perdere il tempo alla propria avversaria, invece che accompagnarla verso la riga di fondo, alla rossoverde non pare vero: accellerata e tiro di punta che si insacca fortissimo nell’angolino alla destra di Giustiniani.

Cinque minuti in questo sport sono una eternità, ma quando hai 600 persone che difendono con te una porta di tre metri per due all’avversario sembra tanto piccola. Per questo stringere i denti è sembrata la cosa più ovvia da fare: Presto sa bene che il gol di Renata è oro colato ed infatti, in pochi l’avranno notato, la stessa numero 5 e leader dello spogliatoio rossoverde vista la palla in rete si è buttata per terra gioendo come se sapesse che poteva finire li. Che sarebbe finita sicuramente li. Così è stato.

Non è facile diventare un tifoso di calcio, ci vogliono anni. Ma se ti applichi ore e ore entri a far parte di una nuova famiglia. Solo che in questa famiglia tutti si preoccupano delle stesse persone e sperano le stesse cose.” Conclude Paul, sempre il protagonista di Febbre a 90°, in uno dei suoi monologhi. Forse avranno pensato proprio a questo concetto, i tanti tifosi delle Ferelle al fischio finale di gara 2 scudetto. Una famiglia “popolare” dove la speranza e il lavoro è l’unica strada per credere ancora che la differenza la fa il cuore e la fame di vittoria per una città che non smette mai di sognare. Nonostante tutto.

Foto Luca Pagliaricci

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