Sandro Pochesci, allenatore della Ternana, scivola sull'uso di una frase che non voleva certo essere offensiva ma che, soprattutto dopo il "mongoloide" di Marco Travaglio pronunciato in una trasmissione televisiva, si presta a congetture e male interpretazioni. "Non siamo il Real Madrid, ma neanche il don Gnocchi" aveva detto il mister dopo il pareggio di martedì con il Brescia. Oggi è arrivata la lettera aperta del responsabile comunicazione della Fondazione che pubblichiamo integralmente.

Caro mister Pochesci,

Beppe e i suoi compagni di squadra la capiscono: quella posizione in classifica è certamente immeritata e la tensione del dopo gara gioca spesso brutti scherzi. Ma la sua dichiarazione al termine della partita dell’altra sera («Non siamo il Real Madrid, ma neanche il Don Gnocchi») li ha proprio sorpresi. Ma come? Dopo gli ottimi risultati al recente torneo tra i Centri Socio-Educativi di Milano…

Beppe è il portiere della squadra di calcio dei ragazzi della Fondazione Don Gnocchi. Non ha braccia né gambe, eppure affronta ogni partita con lo stesso entusiasmo e l’identica voglia di vincere dei più affermati campioni. Ogni sua parata, ogni tiro respinto è un traguardo per noi inimmaginabile.

Settant’anni fa lo straordinario impegno di don Gnocchi con le giovani vittime della guerra aveva commosso l’Italia. Migliaia di piccoli mutilati si affidarono, fiduciosi, al loro amato “allenatore”, che li raccolse per l’Italia, li curò nei propri Centri, li fece studiare e insegnò loro un lavoro, perché potessero tornare alle proprie case, formarsi una famiglia e vivere felici.

È vero, quel detto – “i mutilatini di don Gnocchi” – finì per entrare nel gergo comune. Anche in ambito calcistico, con don Carlo capace di far giocare a calcio chi si reggeva sulle stampelle e persino i ragazzi ciechi, facendoli correre dietro un pallone al quale aveva agganciato un campanello perché lo potessero sentire…

Oggi la Fondazione Don Gnocchi continua ad accogliere e curare bambini e giovani con disabilità, insieme a pazienti adulti che necessitano di riabilitazione, anziani non autosufficienti, malati terminali e persone in stato vegetativo, secondo l’insegnamento di don Carlo e con il motto: “Accanto alla vita, sempre!”.

Messa così, di fronte all’immagine dei calciatori di oggi, belli, forti, ricchi e famosi, è chiaro che non c’è partita. Beppe, tuttavia, è convinto il gol dell’altra sera, forse, lui non l’avrebbe preso. E come dargli torto? Ogni volta che scendono in campo, questi ragazzi dimostrano una tale passione per la vita che deve far riflettere una società ancora incapace di misurare il proprio passo con il ritmo di marcia degli ultimi.

Allora, caro mister, perché non accoglie l’invito di questi ragazzi e viene a far loro visita? Si accorgerà (oltre al fatto che hanno bisogno di divise nuove…) che le persone con disabilità non sono solo una provocazione a certi stili di vita, ma sono soprattutto portatori di doni preziosi da spalmare nel cuore della convivenza umana.

Con il più sincero “in bocca al lupo” per il prosieguo del campionato.


Emanuele Brambilla
Responsabile Servizio Comunicazione
Fondazione Don Gnocchi

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