A casa Mignani, il calcio è il quinto componente della famiglia. Michele, il papà, è un allenatore professionista, Guglielmo, il figlio maggiore, gioca nell’Orvietana, Carlo, secondogenito, sta adesso giocando il Torneo di Viareggio con la maglia della Fiorentina. La mamma, unica non praticante, ha provato a mettere uno steccato fra la famiglia e la professione dei tre maschietti. Ottenendo un buon risultato: quando tutti, sono a casa, il pallone rimane fuori dalla porta:
“Proprio così – racconta – Guglielmo. Siamo una famiglia molto unita e, allorché, c’è possibilità di riunirsi è piacevole parlare d’altro. Mamma, a ogni modo, cerca di trovare il tempo per seguirci, anche se, di calcio poco se ne intende”.
Il più famoso dei tre, almeno a oggi, è sicuramente Michele. Il suo curriculum parla di quasi 500 partite da giocatore, tutte in squadre prof., dalla serie A alla C1, tolta l’ultima stagione, quella del ritiro, in serie D con la maglia del Poggibonsi, oltre a sei presenze nella nazionale Under 21. Ligure di nascita, nel suo andare calcistico fece una lunga tappa a Siena, trovando amore e gloria. Moglie senese e maglia numero 4 ritirata dalla Società in occasione dell’addio al Capitano. Anche da allenatore, ha sempre conseguito risultati importanti. Dal 2021 è alla guida del Bari. Ha riportato i galletti in Serie B, riempiendo il San Nicola come non accadeva da anni, sta tentando la scalata alla A con buone prospettive di raggiungere l’obiettivo. Chi sa, se, con Guglielmo e Carlo sia più padre o allenatore:
“Come già detto, in famiglia siamo molto uniti, quindi, prevale il babbo. Quanto al calcio, verso di me alterna metodi di persuasione. Nelle poche volte che riesce a seguire le partite, complici gli impegni, usa farmi complimenti quando meritati. Mi riprende, quando sbaglio, senza restare sul vago: mi dice dove e cosa ho fatto male, per poi suggerirmi la soluzione”.
Lo ricordo, presente a Trestina dove, tu e tutta la squadra non faceste un figurone:
“Quella di Trestina fu una partitaccia nella quale non riuscimmo a fare come avremmo dovuto. In quel caso usò “il bastone”, perché, a suo giudizio potevamo e dovevamo fare molto di più”.
Casualmente, la famiglia copre ogni zona del campo: babbo ex difensore, Carlo centrocampista, Guglielmo attaccante. I due fratelli, sempre solidali, escludono, che, fra loro ci sia competizione:
“Andiamo per la solidarietà. Se Carlo dovesse riuscire a fare qualcosa in più rispetto a me sarei felicissimo, più di quanto si possa immaginare. Mi auguro possa arrivare più in alto del fratello maggiore”.
Piedi buoni, tecnica e corsa sono le ottime qualità attribuibili al più piccolo. Per il suo essere giocatore, si definisce in questo modo:
“Mah, mi sento una punta centrale atipica, differente dall’attaccante strutturato. Mi garba fare movimento e attaccare la profondità. In sostanza, provo a vivere per il goal”.
Guglielmo ha un sistema abbastanza personale nel coprire la palla, la tecnica , poco gradita a diversi arbitri:
“Non sarebbe bello prendere la nomea di quello che cerca il contatto alla ricerca del calcio piazzato. Se pensano che simuli, si sbagliano”.
Il suo percorso calcistico è partito da Siena, la sua città, alla quale è molto affezionato:
“Siena e la squadra bianconera li porto nel cuore. Ho iniziato lì con il calcio, sarebbe un sogno tornare a vestire quella maglia”.
Senese DOP, ama il Palio, in particolare la contrada del Bruco, ove partecipa con grande interesse a tutto ciò che fa da contorno all’evento. Il prossimo Ferragosto farà ventuno anni. Ha tanti amici, trascorrere il tempo libero insieme a loro è la sua passione . Assolutamente minoritaria, però, a quella per Aurora, la fidanzatina, con la quale afferma stare benissimo, tuttora impegnata negli studi delle superiori. A proposito di studi, considerando la riconosciuta validità dell’ Università, di Siena:
“Pretendo la domanda di riserva – risponde ridendo. Scherzi a parte, sto vivendo il secondo anno sabbatico, dopo la maturità scientifica. Ma sto pensando seriamente di riprendere. Mi riservo una decisione a breve.
E’ arrivato a Orvieto nel mese di Dicembre, unitamente a altri ragazzi, poi rivelatisi veri regali natalizi:
“A Orvieto sto veramente bene. Ho trovato il mio spazio, seguendo il mister siamo riusciti ad allontanarci dall’ultimo posto arrivando in un gruppo dove, però, c’è ancora tanto da sgomitare. Dobbiamo restare consapevoli come il lavoro sia ancora all’inizio, pronti a dare tutto ciò che abbiamo dentro”.
Cinque goal a Orvieto più un altro in Coppa quando era a Poggibonsi. Appagato o miri alla doppia cifra?
“Appagato no, contento abbastanza. Mai accontentarsi, provando sempre a far meglio. Arrivare alla doppia cifra sarebbe il massimo. Ci proverò. Se non hai obiettivi meglio smettere, nel pallone come nella vita”.
Con Tomassini, condivide la gestione del reparto avanzato. Convivenza felice o, che so, sudditanza?
“Ma scherzi! Sono felicissimo di poter giocare vicino a un compagno quale Simone. Abbiamo caratteristiche complementari che si integrano bene ed è sempre prodigo di consigli. Lo considero, veramente, un partner perfetto. Insieme, possiamo essere molto fastidiosi. Per gli altri.
Fuori dal campo, invece, chi è il più fastidioso del vostro gruppo:
“Di sicuro Rosini – transitato sul momento. Battute a parte, ho trovato un gruppo nel quale ognuno sta bene da solo, come ogni qualvolta ci ritroviamo tutti insieme. Abbiamo unità d’intenti e ciò non è affatto banale”.

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