L’Orvietana 2020/21, costruita dalla 2C (Cioci – Ciccone), è al lavoro. Il semaforo verde l’ha dato il Presidente, Roberto Biagioli, dando il via ad un treno del quale non si conoscono le possibili fermate e neanche la stazione d’arrivo: “Proprio così e la battuta mi piace, dopo il rinvio di qualche giorno, susseguente alla riunione in Lega, nella quale tutti e 54 i Presidenti, avevano sottoscritto il documento nel quale chiedere alla Federazione gli indispensabili chiarimenti. L’atto è partito e quanto fatto mi soddisfa pienamente, anche perché ha raccolto l’unanimità dei consensi da parte di tutte le Società. I dubbi sollevati sono così numerosi da mettere in secondo piano la lievitazione dei costi causa COVID, come l’impossibilità di utilizzare il bar o organizzare feste, piccole fonti di entrata, comunque indispensabili a tenere in vita l’intera struttura del calcio dilettantistico. Ad oggi non abbiamo risposte, si dice che l’Umbria sia la sola regione che non ha provveduto ad approntare i calendari. Ringrazio il Presidente Repace per aver fornito tale opportunità, confermando, fin da ora, che continuerò con il mio no, nel caso non arrivino chiarimenti esaustivi. Non sarò tra coloro che andranno a belare sul campo. Ad ogni modo, stando a quanto promesso dallo stesso Presidente, siamo ancora in tempo per un campionato organizzato”.
I problemi di fondo sono i soliti, a partire dalle responsabilità di voi, massimi dirigenti:
“Secondo me è stato sbagliato l’approccio. Si tenta di eliminare le complicazioni a valle, quando il problema nasce all’origine. E’ fuori luogo assimilare gli eventuali casi di COVID agli infortuni sul lavoro, come fatto per Aziende, Scuole e altro e chiamare a risponderne il legale rappresentante. Ritengo la cosa veramente assurda. Non è solo questo, c’è anche dell’altro, da qui la richiesta di una chiarezza trasparente. Crediamo non sia giusto aderire a un documento, il Protocollo, nel quale esistono articoli che smentiscono clamorosamente quanto scritto in quello precedente. Non sappiamo ancora se potremo utilizzare le panchine esistenti o approntarne altre, lunghe una venticinquina di metri per assicurare il distanziamento. Sarà difficile fare le docce, sempre per via delle distanze, per non parlare dei campionati giovanili, numerosissimi, dove l’intervallo tra una partita e l'altra è fissato in sei ore per svolgere la sanificazione degli ambienti Sembra quasi che coloro chiamati a decidere vivano in un altro mondo. E mi viene da pensare alle trasferte, con i pulmini a posti limitati, altrettanto le macchine dei genitori accompagnatori, ai quali sarebbe negato l'ingresso alla partita con la conferma delle ‘porte chiuse’. Si badi bene che a Orvieto siamo tra i meno penalizzati, forti di potenziali strutture, pur con la bocciature degli spogliatoi del Muzi, in quanto giudicati non idonei”.
In mezzo a tale caos, il Presidente dell’Orvietana che tipo di soluzione immagina: “Bisogna attendere chiarimenti. Certo, quando sento ipotizzare la divisione dell’Eccellenza in due gironi da nove squadre, rabbrividisco. A Natale, o giù di lì, sarebbe tutto concluso, con buona pace di coloro che, come me, credono ancora che il calcio sia una cosa seria. Dicessero chiaramente se si deve giocare per forza. A quel punto ciascuno farà le sue valutazioni. Tanto per essere chiari, noi, come le altre Società, abbiamo versato l'importo per le tasse d’iscrizione nella loro interezza come richiesto, comprese quelle per i campionati giovanili. Un giro di soldi notevole per una piccola Regione com’è l’Umbria. E quando girano i soldi, dobbiamo sempre stare in campana. In altre regioni i vari comitati hanno scelto modi diversi, ma le nostre resistenze cominciano a far riflettere altri Presidenti di Società, fino ad ora un po’ meno sensibili. Volendo essere ottimisti, si può pensare a una partenza ritardata per le prime squadre e le juniores. Le altre ad anno nuovo? Chissà”. Qui entriamo nella funzione ‘sociale’ del calcio. Qualora il suo pensiero avesse conferma, bambini e ragazzi risulterebbero i più penalizzati: “E’ l’aspetto, forse, più grave. Ma vi sembra giusto che un Presidente si accolli le responsabilità per la salute di quasi duecento ragazzi, come nel nostro caso, rischiando di finire nelle aule di giustizia? Personalmente ho già problemi simili con il personale delle mie Aziende e, come me, molti altri Presidenti, la cui serietà non può essere messa in dubbio, anche per il pagamento ‘a scatola chiusa’ delle varie tasse cui ho già accennato. Tant’è che non è da escludere la costituzione della Lega dei Presidenti per società dilettantistiche”.
Rimanendo al tema spese, l’Orvietana, con i giocatori e i vari addetti, quale tipo di accordo ha fatto per il rimborso spese?
“Tenuto conto della precarietà del momento, siamo stati molto chiari, assicurando il pagamento del primo mese di lavoro e riservandoci conferme o modifiche per il dopo, quando sarà chiara la durata dell’impegno stagionale. Per il settore giovanile conterà molto l’andamento delle lezioni scolastiche. Inutile scherzare con il fuoco. Pensa che, in occasione della riunione perugina, sono rimasto impressionato dai tanti complimenti, ricevuti per aver pubblicato la notizia sulla positività di Schiavon. Per noi si è trattato di un fatto normale, da altre parti non è stato così. Continuiamo nella navigazione a vista, con il massimo della serietà ”.
In una situazione come l’attuale, comunque caotica, in che modo vi siete divisi:
“Allora, riguardo gli adempimenti COVID abbiamo sottoscritto un accordo con un’azienda specializzata cui affidare la gestione delle varie procedure. Quanto al resto, dipenderà dagli indispensabili chiarimenti. Se le partite saranno aperte al pubblico, dovremo stare a certe osservanze che non saranno eguali nel caso delle ‘porte chiuse’. Abbiamo acquistato termometri, convocati i genitori per la firma di un doc. di responsabilità, eseguito le visite mediche. Ci stiamo preparando a eseguire il tampone e tutti i giocatori della rosa prima squadra. Pagherà la Società e l’importo sarà recuperato dai rimborsi, in forma individuale. Abbiamo anche acquistato una macchina da usare per la sanificazione, effettuata da personale addestrato e i vari presidi. Il tutto graverà sul bilancio della Società per un importo vicino ai quindicimila Euro. Abbiamo la fortuna, quest’anno, di avere in forza il prof. Alessio Stocchetti, il quale, oltre che ottimo preparatore atletico ha conoscenze eccellenti e certificate in materia di prevenzione”.
Bene Presidente. Adesso immaginiamo, per un attimo, che tutto sia a posto e proviamo a ripercorrere gli avvenimenti che, negli ultimi due mesi hanno suscitato qualche clamore. Arrivi, partenze, ritorni, conferme e smentite non sono mancate. Come ha vissuto i vari momenti e come pensa ne sia uscita l’Orvietana:
“Effettivamente qualcosa è successo, a volte tacitato dall’emergenza in atto, sicuramente più importante. Per la maggior parte si è trattato di chiacchiere infondate e sciocche che non modificano il mio modo di vedere sulla gestione della Società. Io, come detto e ripetuto tante volte, credo molto nella funzione sociale del calcio e cerco di operare in tal senso, pur rendendomi conto che il mondo cambia velocemente e non sia facile rimodellarsi con eguale dinamismo. L’interesse per quanto facciamo continua ad avere la freccia puntata verso il basso e non sia arrivato il momento di farsi da parte, lasciando ad altri, che non vedo, il compito di portare avanti la baracca. Anche il rapporto con le amministrazioni civiche è cambiato, hanno una visione diversa del nostro mondo, il che ha impedito, fino ad ora, di trasformare la gestione dell’impianto. Ciò nonostante, testimonio che al Comune chiediamo molto, ricevendo altrettanto Purtroppo non basta e la chiusura degli spogliatoi del Muzi, non adeguati per le esigenze determinate dal COVID, lo dimostra. E’ una rincorsa continua e in affanno. Lasciatemi dire che, ad ogni modo, manca un progetto serio per uscire dal guado. Se poi, tra bandi e contro bandi decideranno l’affidamento sulla conduzione del Polisportivo a Società o chicchessia esterni, facciano pure. Passando oltre, in estate ho provato delle delusioni molto forti, che mi hanno toccato, dovute al comportamento di persone cui avevo dato fiducia. Non voglio crocifiggere nessuno, pur se gli ultimi avvenimenti stanno dimostrando che non avevo tutti i torti. Gli accordi o i patti fatti sottobanco tra persone, improvvisati sapientoni , dopo essere cresciuti e fattisi un nome, con i colori biancorossi, non pagano. Le decisioni finali spettano alla Società e, per chi non è d’accordo, la porta d’uscita è sempre aperta. Le polemiche non vanno bene e, prima di sparlare, sarebbe da guardare un pochino indietro, valutando ciò che si è dato, senza dimenticare quanto ricevuto. Altra delusione, grossa anche questa, l’uscita del nostro ex direttore tecnico del settore giovanile, pure lui un figlioccio dell’Orvietana. Libero di provare un’esperienza oltre confine, non altrettanto fare opera di convinzione verso due nostri giocatori giovani. La cui emigrazione è durata un attimo per le condizioni, molto più modeste, di quelle prospettate. L’Orvietana non è la Juve o neppure il Milan, pur avendo la sua linea di condotta, dalla quale non si transige. Con Francesco Iaccarino, nominato Direttore Generale e dimessosi dopo un tempo brevissimo, c’è stato, definiamolo in questo modo, un frainteso. Un’altra amarezza è arrivata, anche questa, dal settore giovanile e, a questo punto, credo abbia ragione un mio collaboratore, dalla primissima ora, rinnovandomi, continuamente, l’invito a smetterla. E’ luogo comune, in particolare tra i genitori, almeno a Orvieto, credere che gli introiti delle categorie paganti, quelle dei più giovani, siano un finanziamento ‘occulto’ per la prima squadra, a danno di possibili migliorie alle categorie inferiori. Niente di più falso. La retta mensile di ciascun ragazzo copre soltanto un terzo, dico un terzo, di quanto occorra per il funzionamento della squadra di appartenenza. I gruppi dei piccoli, numerosi all’inizio, ma in calo progressivo complice la persistente diminuzione di residenti, si va assottigliando con la crescita e fino alle porte della prima squadra, quando il crollo è verticale per i motivi più svariati. Dal trasferimento per motivi di studio al calo delle motivazioni, al desiderio di un impegno calcistico più vicino al modello amatoriale, all’ambizione di avere la domenica libera, l’insuccesso scolastico e il consequenziale ingresso nel mondo del lavoro, sono soltanto alcuni dei motivi per rendere impossibile l’inserimento nei ranghi della prima squadra. Ultimi, quelli valutati dai genitori, da serie A, e vogliono la garanzia di un impiego continuativo nella formazione dei più grandi. Di tutto ciò sono veramente stufo e rammento, sempre con maggiore frequenza, una frase di Fabrizio Mortolini, grande Direttore di alcuni anni fa, che suonava così: “Quando la fatica supera il gusto è ora di smettere”.

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