L'obbligo della Certificazione verde COVID-19 per assistere agli eventi sportivi, come anche per accedere a piscine e palestre dal prossimo 6 agosto divide il mondo sportivo. Si scatena il dibattito e le associazioni di categoria prendono posizione.

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Per l'avvocato Giuseppe Calò, presidente della Lega Imprese Sportive, il provvedimento è intempestivo perchè introdotto troppo a ridosso degli eventi sportivi: "Il tema del Green Pass - dice Calò - esige titoli di studio appropriati ed approfondimenti scientifici tali che, in verità, sfuggono ai più. E' pur vero che, a latere delle disquisizioni sulla legittimità e/o fondatezza del provvedimento legislativo in sé, il novero degli operatori sportivi che sono raccolti nella Lega Imprese Sportive ne avverte, per l'ennesima volta, l'intempestività, essendo introdotto a distanza troppo ravvicinata dagli eventi sportivi o ludico ricreativi già programmati, ed i cui effetti è presumibile andranno ad interporsi, in modo incidente, con le programmazioni e le manifestazioni sportive già calendarizzate. Il nostro direttivo si chiede, dunque – senza entrare, si ripete, in merito al provvedimento - se una maggiore ponderazione sui tempi della introduzione del Green Pass non avrebbe raccolto un maggiore consenso anche all'interno delle organizzazioni sportive, che lamentano, dal nostro punto di vista, anche stavolta, una scarsa attenzione sotto il profilo della consultazione preventiva".

Ferma opposizione a qualsiasi forma di passaporto vaccinale per entrare nelle palestre e piscine coperte da parte dell'Associazione Nazionale Impianti Sport e Fitness. Barbara Carli, delegato regionale Anif spiega i motivi: "Prima di rendere il Green Pass obbligatorio andavano create le giuste condizioni. I centri sportivi hanno adottato praticamente da subito protocolli severissimi, con un costo economico, peraltro, molto elevato. L'obiettivo quindi ora è far vaccinare velocemente più persone possibili. Così viene nuovamente bloccato un settore che era riuscito a riprendersi tornando a ribadire con forza che lo sport è praticamente un vaccino naturale. Di fatto è una semi-chiusura delle palestre e piscine al chiuso, mascherata dall'obbligo di presentare il Green Pass all'ingresso delle varie strutture. I centri sportivi stanno adottando protocolli che vanno dall'uso obbligatorio della mascherina nelle proprie strutture, al distanziamento; dalla sanificazione degli attrezzi e degli ambienti, al rilevamento della temperatura all'ingresso, alla registrazione degli utenti presenti all'interno della struttura. Un pacchetto di provvedimenti e protocolli che ha trasformato gli stessi centri sportivi - tutto dimostrato dai numeri - in oasi di salute, capaci di tenere lontano contagi e pandemia. E soprattutto hanno impedito i pericolosissimi assembramenti che dopo gli Europei di calcio stanno rilanciando l'emergenza. Senza contare la possibilità di tracciabilità totale (persona, sala, giorno, ora ect) dell'utente coinvolto in un caso di positività. Proprio in virtù di questi protocolli, imporre il Green Pass ai centri sportivi risulterebbe particolarmente inopportuno. Tanto più che significherebbe, di fatto, precludere lo sport ai giovani (che sono la maggioranza) e ai bambini dell'avviamento allo sport che, per ragioni di età, non sono ancora inevitabilmente vaccinati. Se la situazione è questa – conclude Carli – ora l'obiettivo è far vaccinare velocemente più persone possibili. Prima lo faremo tutti, prima si tornerà alla normalità. Anche noi faremo la nostra parte sollecitando i nostri utenti".

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