Il nome è Filippo, cognome Biancalana, secondo, pari merito, con Edoardo, perché il primogenito si chiama Matteo. L’ex aequo ci sta, essendo Filippo e Edoardo gemelli. Sono nati e abitano a Torre San Severo, ridente frazione collinare, nel comune di Orvieto. La storia sportiva dei due fratelli inizia al Federico Mosconi di Sferracavallo, dove c’è il primo approccio con il pallone. Con il quale Filippo dialoga, mentre, Edoardo discute spesso. Tanto che, alla fine, decide di prendere un’altra strada, quella da arbitro, dove trova le soddisfazioni che cercava. A casa Biancalana domina il calcio, ne parlano da osservatori che lo inquadrano da punti di vista diversi. Filippo racconta del fratello e ora, ben inquadrato, nel ruolo che occupa. Logico che, le vedute spesso non collimino e al padre, Patrizio, tocchi il ruolo di moderatore. Patrizio, li segue da sempre, è stato dirigente accompagnatore delle squadre giovanili, dove ha giocato Filippo. La mamma, nominata autista ufficiale del gruppo, trova sempre pronta la tabella di marcia per condurre i due ragazzi agli allenamenti e alle partite. Filippo e il fratello hanno tirato i primi calci sul campo di Torre San Severo, sede, anni fa, di epiche sfide nei campionati amatoriali. Adesso è diverso. Edoardo se la cava egregiamente con il fischietto, di solito è utilizzato nel Regionale Juniores, Filippo è titolare “aggiunto” nell’Orvietana prima squadra. Dopo lo Scientifico, ha deciso, di comune accordo con la famiglia, di prendersi un anno sabatico nel suo percorso scolastico, per verificare a fondo cosa possa ricavare dal pallone: “La scuola, però, resta il mio principale obiettivo. Salvo novità clamorose, dal prossimo anno sarò studente universitario”. Nel pallone ce la sta mettendo tutta. La sua giovane carriera l’ha visto protagonista in spazi diversi del terreno di gioco. I primi tecnici lo vedevano centrocampista impiegandolo in quel ruolo, dislocato, in seguito, sulla fascia, con compiti offensivi o difensivi. Gli spostamenti hanno dato buon esito e, oggi, è proprio la duttilità a farne il suo punto di forza. Si sente biancorosso dentro, prende tutto sul serio, si applica di conseguenza e tutto ciò ha contribuito a farlo apprezzare. Silvano Fiorucci fu il primo a convocarlo con la prima squadra. Gianfranco Ciccone, già dall’anno scorso, l’ha inquadrato tra gli effettivi e sono tanti gli indizi, che fanno le prove, per dire della fiducia di cui il ragazzo gode da parte del tecnico. Di solito non lo si trova nell’undici iniziale, ma è in campo nei minuti che contano, ad occupare porzioni di terreno differenti alle quali sa come adeguarsi. Gli è capitato, essere involontario protagonista di Massa Martana, per il quale l’Orvietana attende, ancora, le decisioni della Procura Federale. Lo ricordiamo battere, con insistenza, i pugni a terra, dopo la prima decisione dell’arbitro: ”Ero arrabbiato e mi sentivo frustrato. Giuro di non aver commesso fallo sull’avversario, semmai lo avevo subito e quando ho visto l’arbitro estrarre il secondo giallo, stavo per perdere le staffe. Poi non ha mostrato il rosso, la partita è ripresa ed io ancora a terra a bordo campo, più arrabbiato che addolorato. Pensavo a cosa sarebbe potuto succedere, all’eventuale ripetizione di una partita che stavamo vincendo, perché era di ciò che si parlava già di là dalla rete…Insomma un momentaccio”. Pure Filippo, come i compagni già ascoltati, assegna un voto importante alla forza del gruppo: “Siamo in ballo e vogliamo proseguire – conferma - è un desiderio assoluto di tutti e ci proveremo”. Chissà, fra i compagni più esperti, quale abbia scelto quale suo principale punto di riferimento:” Per un ragazzo come me, che arriva dalle giovanili, c’è sempre qualcosa da imparare da tutti. Potrei dire Andrea Bracaletti, per il suo passato e per il modo in cui vive ancora il calcio e lo spogliatoio, senza dimenticare Fabio (Fapperdue) o Danilo (Greco), sempre provvidi di consigli e senza far pesare su noi ragazzi il loro curriculum. Sono solo degli esempi, perché anche tutti gli altri usano identici atteggiamenti”. Ciccone ti chiama sempre, o quasi, nei momenti topici della partita. Entrare in quei momenti non dovrebbe essere facile: “ Esatto. Ho capito come la gara debba essere vissuta dalla panchina. Senza distrarsi, osservando i vari avversari, per cercare di capire il da farsi qualora arrivi la chiamata. Se entri improvvisando, non puoi essere di nessuna utilità”. Non manca l’elogio all’allenatore, meno burbero di quanto appaia agitandosi sulla panchina: “ Credo abbia trovato la formula giusta per gestirci. Fa, spesso, gruppo con anche fuori dal campo, ride e scherza. Ma quando si tratta di fare sul serio, allora….”.

FOTO ROBERTA COTIGNI

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