Giuseppe Acquaviva della Podistica Myricae ha partecipato alla “Marathon des Sables Legendary” di 252 Km. Si tratta di una corsa a tappe, di ultra running, che si svolge interamente nel Sahara marocchino. In questa 39esima edizione Giuseppe Acquaviva è risultato il 2° italiano di categoria; 10° di categoria; 5° italiano assoluto e 98° assoluto su 1.100 atleti partenti. Giuseppe Acquaviva abita a Castel Todino e 10 anni fa, in maniera casuale tramite la moglie e degli amici di famiglia, si è avvicinato al mondo della corsa. Piano piano si è appassionato al mondo delle ultramaratone, partecipando con un amico al Jordan Trail, gara di 150 km in Giordania con partenza da Petra ed arrivo nel deserto del Wadi Rum. Si è allenato undici volte a settimana, due volte al giorno, simulando anche la corsa al freddo con il piumino, per testarsi per le estreme temperature del deserto. La Marathon des Sables viene definita la maratona delle emozioni, perché lascia forti emozioni, per il luogo, per l’esperienza, emozioni che porti con te al ritorno a casa e che alimentano un senso di nostalgia. Si dorme in otto persone dentro una tenda berbera, in una gara in cui non c’è mai recupero. Lo zaino, che pesava 8 kg e 800 grammi, deve contenere tutto il necessario e l’organizzazione fornisce solo 5 litri di acqua al giorno. Il dispendio calorico è di 4000/5000 calorie al giorno e con l’alimentazione Giuseppe riusciva solo ad introitare 2000 calorie al giorno. Nella tappa più lunga, quella di 85 km che ha chiuso in 12h e 30m, ha sofferto di allucinazioni, perché l’organismo sotto stress va in protezione e si dissocia. Una sosta di mezz’ora, mangiando qualcosa, è servita per riportare Giuseppe in corsa.

DEDICA Una dedica particolare alla moglie e ai figli e agli amici che lo hanno seguito on line durante la corsa. “Parto dal risultato, perché chi mi conosce lo sa bene, sa che sono competitivo e ci tengo a far bene - ha dichiarato Acquaviva - volevo misurarmi con altri atleti provenienti da tutto il mondo, dare tutto quello che avevo e soprattutto soddisfare me stesso, cosa abbastanza complessa. Un anno e mezzo fa, quando ho iniziato ad affinare la preparazione mi ero riproposto di portarla a casa, poi, in itinere, ho cambiato mind setting. Dentro di me non era sufficiente andare nel deserto per fare il mio compitino ma, vedendo anche i sacrifici che stavo facendo per presentarmi alla start line con la coscienza in ordine, erano smisurati. Già dalle prime due tappe che avevo deciso di usarle come termometro, tutto funzionava alla grande, le gambe giravano bene nonostante i quasi 10 kg di zaino, nonostante le dune e nonostante il caldo e vento incessante. Da lì, ho smesso di controllare la classifica per evitare di fomentarmi ancora di più e fare confusione. Dalla terza tappa in poi ho deciso di aumentare il ritmo ed iniziare a dare fondo a tutto tutto divertendomi. Solo un po' di ritardo nella tappa lunga causato dalle allucinazioni che ho gestito per poi riprendere la corsa. Il finale tra i top 100 è stato inaspettato anche per me stesso e lo sto raccontando con orgoglio e tanta tanta emozione. È stata un’esperienza sconvolgente e feroce dal punto di vista emotivo a tal punto di offuscare la gara stessa rendendola un di cui del tutto. Adesso ho capito perché la chiamano la Maratona delle Emozioni”.

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