Attesa entro giugno l'ennesima e (forse) decisiva puntata della telenovela sul maxi risarcimento da 1,2 miliardi di euro chiesto da Edoardo Longarini allo Stato per i lavori di ricostruzione post-bellica di Ancona. Cifra che salirebbe a 1,9 miliardi di euro con interessi legali e rivalutazione economica. Dopo le sentenze della Corte di Appello di Roma e gli arbitrati concordati con l'ex Ministro Antonio Di Pietro, che ha nominato arbitri Domenico Condello e Ignazio Messina (attuale segretario nazionale IDV), il finale non è scontato.

Riassunto delle puntate precedenti: il 24 marzo 2017 la Prima sezione civile della Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi sul ricorso di Edoardo Longarini, dopo che la medesima Corte di Cassazione aveva accolto parzialmente il ricorso per la revocazione della sentenza (fatto più unico che raro dalla Liberazione in poi) numero 24952 con cui la Suprema Corte nel settembre 2015 aveva stoppato in extremis il maxi risarcimento, rimettendo alla Corte di Appello di Roma il compito di accertare se l'Adriatica Costruzioni avesse diritto o meno all'indennizzo per i lavori dati in concessione e poi non affidati per mancanza di fondi delle opere pubbliche relative al piano di ricostruzione di Ancona.

L'indennizzo è stato quantificato da un Collegio arbitrale composto dal Presidente e da due Arbitri nominati dalle parti, che - come scritto da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere della Sera - si sono anche determinati il proprio compenso in 12 milioni di euro e 1,2 milioni ai segretari del Collegio stesso. Collegio che non ha tenuto conto di quanto prescritto dalla legge 317/93 che ha definitivamente cancellato i piani di ricostruzione (Ancona, Ariano Irpino e Macerata) e stabilito le procedure per la cessazione delle concessioni alla data di cessazione dei lavori. Infatti all'articolo 2, comma 3 dispone: "I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori".

Nel pool di avvocati di Longarini oltre a Giuseppe Greco c'è da settembre 2016 anche Romano Vaccarella, ex giudice della Corte Costituzionale. Proprio a settembre 2016 la prima sottosezione della Sesta sezione civile della Suprema Corte, cosiddetta sezione 'filtro', presieduta dal giudice Magda Cristiano, riunita nell'aula Sgroi aveva fissato a marzo 2017 una nuova udienza davanti a un'altra sezione della Cassazione per decidere se accogliere o meno il ricorso di Edoardo Longarini. La sezione filtro (sentenza 21564) aveva rimesso quindi la trattazione della causa sulla "revocazione" della precedente sentenza dalla Terza sezione civile della Cassazione ai giudici della Prima sezione civile che l'hanno discussa in pubblica udienza nel marzo 2017.

Oggetto del lodo arbitrale i lavori di Ancona, mentre per quelli relativi a Macerata e Ariano Irpino erano stati già liquidati dallo Stato 250 milioni di euro nel 2011. Forte di quel lodo, Longarini è tornato alla carica per ottenere quanto previsto in base all'arbitrato con istanze di sequestro nei confronti di Banca d'Italia, Cassa Depositi e Prestiti e dei ministeri Infrastrutture ed Economia vantando nel complesso 1,9 miliardi. In quel contesto, Longarini chiede oltre ai danni per lavori non affidati e anticipazioni, anche i danni di immagine e pure il fallimento delle Edizioni Locali srl (da cui poi scaturirà il sequestro delle quote della Sviluppo Editoriale srl dentro la Ternana Calcio). Nel frattempo, a luglio 2016, il Comune di Ancona viene liquidato con 9 milioni (l'ex sindaco Sturani ne aveva chiesti 360) di danni pagati da Longarini per il mancato compimento dei lavori che però a giudizio del costruttore non erano stati causati dalla sua volontà.

Entro tre mesi (quindi fine giugno) sono attese la sentenza e le relative motivazioni. Perchè potrebbe essere un epilogo non scontato? Perchè è successo pochissime volte nella storia della Repubblica (si contano sulle dita di una mano) che la Corte di Cassazione accetta di discutere un ricorso su un arbitrato di tale portata. Perchè alla Sesta sezione civile sono assegnati i ricorsi che sono già ritenuti inammissibili in base a un primo lavoro di ‘filtro’ affidato ai magistrati dello spoglio e generalmente vengono discussi in udienza, a porte chiuse, senza nemmeno la presenza del rappresentante della Procura generale, come invece è avvenuto per il caso del ricorso di Longarini. E perchè la presenza di un ex giudice della Corte Costituzionale nel proprio pool di avvocati non è comunque un fatto di poco conto.

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