A Città di Castello, nella partita chiusasi sullo zero a zero, Filippo Marricchi è stato valutato migliore in campo. Giudizio a maggioranza assoluta, compreso il voto di Antonio Alessandria, allenatore tifernate, espressosi in questi termini: “ Marricchi merita il voto più alto, mancando lui avremmo vinto la partita”. Giudizio gratificante per il ventitreenne ragazzone con origini un po’ castellesi e altrettante castiglionesi. Babbo Azor è un diretto discendente della famiglia il cui cognome, almeno a Castel Viscardo, è stato sempre associato al calcio. Mamma Emanuela è figlia di Siro Primi, per anni dirigente e Presidente del Castiglione Calcio. Filippo mandò il suo primo messaggio rompendosi un piedino quando aveva un anno. Precoce, già camminava e giocava con la palla. Più tardi, si scoprì portiere tuffandosi sulla sabbia della spiaggia di Tarquinia, dove, da bambino, trascorreva le vacanze. Lo diventò, ufficialmente, in una partita a Castel Giorgio, suo primo club. Era andato da spettatore a seguire il cugino, divenne subito protagonista, causa l’assenza improvvisa del titolare. L’esordio segnò la fine della competizione con la maglia numero nove, perché a lui piaceva pure far gol. Fu, anche, il primo esempio della vocazione e della determinazione nel fare scelte. Quella di tornare a Orvieto, lasciando una Pianese in testa alla classifica per l’Orvietana che lotta in fondo, è stata consapevole: “Paradossalmente, ho scalato al contrario tutta la graduatoria. Però non mi è pesato, anzi, direi che è stato stimolante, sia per il tipo d’impegno, sia perché l’ho sentito quasi un dovere dare un aiuto all’Orvietana, lasciata quando avevo quattordici anni, ma sempre presente nel mio cuore. Contribuire alla ripresa dei colori biancorossi che mi lanciarono nel mondo dei più grandi rappresenta un forte motivo d’orgoglio”.
Fammi capire, se la chiamata fosse arrivata da altra Società, nelle stesse condizioni, non sarebbe stato un sì al primo colpo, com’è successo con quella biancorossa: “ Proprio così. Ho avuto altre chiamate, per gironi diversi dello stesso campionato, ma ho sempre rifiutato. L’Orvietana era la mia prima scelta, già dopo i primi segnali che risalgono a tempo addietro”.
Va chiarito che, nel cambio di casacca non siano intervenuti motivi tecnici, ma soltanto la decisione del club e dell’allenatore di orientarsi verso soluzioni diverse (portiere under): “Purtroppo o per fortuna, sarà il tempo a dirlo, sistemare quattro under comporta spesso dei problemi e ogni Società opta per la soluzione ritenuta, in quel momento, migliore. Mi sono ritrovato così, in panchina da un momento all’altro. Il colpo è stato duro, ma ho saputo reagire, facendo leva sulla determinazione. Ho continuato a lavorare, con entusiasmo e tanta dedizione, più di quanto avessi fatto fino ad allora. Non giocando la domenica, non sarei stato pronto per un’eventuale chiamata. E’ giunta quella dell’Orvietana ed eccomi qua, preparato per dare sempre il massimo”.
Come, del resto, aveva sempre fatto, fin dal primo trasferimento, destinazione Ternana: “Ero alla prima esperienza lontano da casa, dai genitori, da mio fratello Tommaso, da quello che era stato il mio mondo. Mi sentivo “piccolo” per una cosa che ritenevo “da grande”.
La scelta, da “adulto”, risultò prevalente e ancora oggi è parte del personaggio. Affronta tutto ciò che la vita gli pone davanti con massima serietà. Non ha tralasciato gli studi, ha il diploma di scuola media superiore e frequenta la facoltà di Scienze Motorie, specializzazione Calcio, al San Raffaele di Roma, si tiene stretti i valori della famiglia che lo ha sempre sostenuto: “Non riuscirò mai a ripagarli di quanto fatto per me”.
Non ho il piacere di conoscere mamma Emanuela, ma avendo un’antica amicizia con Azor, sentendo della di lui emozione al termine della partita di Città di Castello, consiglio Filippo a non preoccuparsi e rimanere tranquillo.
Il numero uno dell’Orvietana, nella veste di tifoso del calcio, non prova, invece, la stessa sicurezza posseduta tra i pali . Tifoso rossonero dall’infanzia, almeno fino alle frequentazioni juventine, oggi tiene per la Roma, forse, anzi certamente, per l’affetto che lo lega a Zia Titty, grande supporter giallorossa.. Fra i grandi numeri uno sceglie Dida, per passare al grande Gigi Buffon, una volta vestiti i colori bianconeri:” Ho avuto la fortuna di allenarmi con lui spesso, negli anni trascorsi alla Juventus. Filippi, il nostro preparatore ci invitava a guardarlo, ammirarlo e a rubare con gli occhi quanto più potevamo. Sono esperienze e ricordi che rimarranno per sempre”.
Mandato al Novara in prestito, Filippo fornì un grosso contributo per lo scudetto della Primavera 2. Poi annullato, essendo conciso con la retrocessione della prima squadra in serie C. Rimase lì un paio d’anni, sempre nella rosa della C, giocando, però, poco, fino alla pandemia. Riprese a Foligno, in serie D, esordendo proprio contro la Pianese. Fu protagonista e, da lì, sbocciarono le simpatie degli amiatini per il giovanotto.
Professionalmente, quando indossi guanti e pantaloncini ti riconosci privo di difetti? : “Magari – risponde. Diciamo che, anno su anno sono cresciuto molto in personalità e altrettanto tra i pali. Devo migliorare sulle palle alte, cosa abbastanza atipica per la mia altezza (190 cm). Vado benissimo nel rispetto dei tempi, sto lavorando per arrivare a essere di maggiore aiuto alla squadra”.
Le valutazioni non forniscono risultati unanimi, ma sembrerebbe che l’estremo difensore del terzo millennio debba essere abile, allo stesso modo con le mani, come con i piedi:
“ Mi sembra voler estremizzare. Preferirei, piuttosto, il giusto equilibrio. I piedi buoni servono di più a chi usa costruire dal basso, con il portiere che diventa un difensore aggiunto. Nella Pianese, tutta palla a terra, avendo lavorato molto con entrambi i piedi nel corso degli anni, mi ero integrato abbastanza bene, pur riconoscendo che il lavoro da fare per essere al top sia ancora molto”
Tu, alla veneranda (?) età di ventitré anni, ti consideri portiere “in carriera” o, ancora, agli inizi della stessa?
“La domanda è particolare, considerando la carriera da portiere normalmente più lunga rispetto a quella di chi gioca in mezzo al campo. Credo che, finché non tracci il confine, ci sarà sempre da apprendere. Ciascuna esperienza, a prescindere dalla categoria, mi piace considerarlo un insieme di minuscole carriere, tutte utili per migliorarsi. Con il Foligno, prima stagione in serie D, ho iniziato un nuovo percorso. A Orvieto, la traccia è la stessa, ma la situazione generale innesca altre dinamiche e così via. Per rispondere in maniera semplificata, mi sento agli inizi, con la voglia di fare sempre bene e di più”.
Ora, in compagnia di Marta, la fidanzata, ha iniziato anche un’altra carriera. Sarà una bella storia. Le premesse, per come ne parla, ci sono proprio tutte

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